L’ADHD, o deficit dell’attenzione e iperattività, è uno tra i disturbi del neurosviluppo più frequenti nei bambini (interessa indicativamente tra il 3-5% della popolazione scolastica) ed è 4-5 volte più comune nei ragazzi rispetto alle ragazze.
Ad oggi non è ancora chiaro il meccanismo alla base dell’insorgenza del disturbo, ma numerose evidenze (Del Campo et al., 2011; De Felice et al., 2015) sottolineano come esso si possa originare da una disfunzione biologica di alcuni neurotrasmettitori. Molto spesso inoltre i genitori, o altri adulti che hanno a che fare con bambini e bambine con ADHD, si chiedono se il disturbo possa essere originato da modalità educative non adeguate. Nonostante il disturbo sembri avere una chiara origine neurobiologica, le modalità comportamentali che si utilizzano possono avere delle importanti conseguenze sull’intensità dei sintomi, aggravandoli o riducendone l’intensità, evidenziando quindi come l’ambiente (inteso come l’insieme delle richieste, le modalità e i rapporti interpersonali) possono avere una grande influenza sul disturbo.
In generale il disturbo viene definito da una difficoltà nel mantenere la concentrazione (disattenzione), nella gestione dei propri impulsi (impulsività) e nel controllo motorio (iperattività). Tali difficoltà possono presentarsi singolarmente (ADHD con manifestazione di disattenzione o di iperattività predominante) o contemporaneamente (ADHD con manifestazione combinata). Non tutti i bambini presentano però le stesse difficoltà, ogni bambino può presentare manifestazioni e comportamenti molto diversi uno dall’altro, e tali problematiche possono evolvere nel corso dello sviluppo, modificando l’impatto e la gravità dei sintomi sulla vita quotidiana (Ianes et al., 2009). Bambini che presentano una maggior sintomatologia da iperattività e impulsività risultano essere costantemente in movimento, fanno fatica a rispettare il proprio turno e risultano essere molto rumorosi. Mentre, bambini con una sintomatologia prevalentemente disattenta, risulteranno essere facilmente distraibili, poco organizzati, e molto spesso non riusciranno a portare a termine i propri compiti.
Quali difficoltà può incontrare un bambino con ADHD a scuola?
Come detto in precedenza, l’ambiente può influire notevolmente sulla presenza e sull’intensità dei sintomi dei bambini con ADHD. Solitamente, i bambini con ADHD hanno maggiori difficoltà in situazioni in cui vi sono regole particolarmente rigide e le situazioni sono strutturate. Gli alunni che presentano un disturbo dell’attenzione e iperattività possono avere difficoltà a concentrarsi in classe, dimostrando una capacità di attenzione molto ridotta, che può compromettere la comprensione di quanto spiegato. Molto spesso, infatti, bambini e ragazzi con ADHD, faticano a seguire le lezioni “frontali”, perdendo pezzi della spiegazione e non riuscendo a stare al passo con il programma. Le difficoltà attentive possono avere anche delle ricadute sulla capacità di organizzare il materiale didattico, come ad esempio gestire adeguatamente il diario o pianificare lo studio per una prova scritta.
Frequentemente, inoltre, se sono presenti anche tratti di impulsività e iperattività, questi alunni tendono a cambiare molto rapidamente il loro interesse verso un argomento, interrompono le lezioni o più in generale disturbano gli insegnanti e gli altri compagni. I bambini con ADHD sono spesso soggetti di ammonimenti e critiche, che sul lungo periodo possono impattare sulla loro autostima e sul loro senso di frustrazione, comportando una difficoltà ancora maggiore a svolgere e approcciarsi a quanto richiesto nel contesto scolastico.
Quali strategia adottare a scuola?
Nonostante ogni bambino con ADHD presenti un profilo diverso, caratterizzato da punti di forza e di debolezza ben delineati, molto spesso alcune indicazioni e strategie, seppur generali, possono rivelarsi estremamente preziose per il lavoro in classe. Risulta quindi essenziale, per docenti ed educatori, strutturare percorsi didattici individualizzati e personalizzati.
In linea generale, alunni con ADHD, fanno difficoltà a gestire situazioni particolarmente rigide e strutturate, per cui risulta essenziale individuare un insieme di regole necessarie al raggiungimento degli obiettivi didattici, mantenendo però una certa flessibilità, in modo da adattarsi alle caratteristiche del singolo alunno. Frequentemente infatti, potrebbe essere necessario permettere al bambino di svolgere delle pause tra un’attività e l’altra, oltre a ridurre la durata temporale dei compiti proposti, prediligendo unità di breve durata e fornendo spiegazioni semplici e concise. In determinate situazioni, potrebbe essere utile fornire routine o contenuti molto organizzati, in modo da aiutare il bambino a comprendere la quantità di materiale da dover portare a termine per raggiungere l’obiettivo didattico.
L’ambiente gioca un ruolo essenziale nel processo di apprendimento degli alunni con ADHD. Ridurre le possibili distrazioni, facendoli sedere nei primi posti, o togliere quanto di distraente è solitamente appeso alle pareti della classe risulta essere da subito una buona strategia. Inoltre, ridurre gli elementi di disturbo presenti sul banco, utilizzare solo il materiale strettamente necessario allo svolgimento dell’attività proposta e stimolare l’utilizzo corretto di organizzatori e di raccoglitori divisi per materie, può aiutare decisamente a migliorare la gestione del materiale scolastico e il senso di autoefficacia dell’alunno.
Oltre all’ambiente, un ruolo essenziale nel contesto didattico degli alunni con ADHD riguarda la metacognizione. I bambini con ADHD molto spesso dispongono delle corrette strategie per risolvere il compito proposto, ma tendono ad utilizzarle in modo poco efficace o nel momento non adatto a causa dei problemi di autoregolazione e di controllo. Risulta quindi essenziale permettere agli alunni di compiere delle riflessioni sul proprio funzionamento attentivo, sulla capacità di concentrazione, e sulla pianificazione delle attività da svolgere. In quest’ottica, rendere maggiormente consapevoli gli alunni con ADHD del processo di pianificazione e di problem-solving, permette di migliorare anche la motivazione e il livello di autoefficacia nei confronti del compito. Operativamente, i docenti possono aiutare gli alunni a comprendere che tipologia di problema dovranno affrontare e quali sono gli obiettivi da perseguire. Una volta definita la tipologia del compito, attraverso attività mirate che permettano di comprendere i meccanismi cognitivi necessari alla risoluzione dell’attività, possono rendere maggiormente consapevoli gli alunni con ADHD di come funziona la loro attenzione, la loro memoria e le funzioni esecutive, permettendogli individuare il proprio stile di apprendimento. Un altro elemento essenziale nel lavoro metacognitivo con gli alunni con ADHD è il lavoro sulle possibili conseguenze delle proprie scelte, focalizzandosi anche, con un’ottica più generale, a quelle che potrebbero essere le conseguenze di determinati comportamenti in contesto scolastico e domestico. In ultimo, proporre attività mirate di auto-valutazione relative a quanto prodotto, con particolare attenzione al tempo impiegato e alle strategie scelte, permette agli alunni di comprendere il proprio stile attributivo e di migliorare l’autostima.
Promuovere e stimolare il ruolo degli alunni, rendendoli attivi nel processo di apprendimento, risulta essere un’altra importante strategia da utilizzare per far fronte alle difficoltà attentive e di impulsività degli alunni con ADHD. Oltre agli insegnanti, anche i compagni di classe possono essere una risorsa chiave nella gestione della sintomatologia da ADHD. Attraverso attività di cooperative learning, in cui agli studenti viene richiesto di lavorare insieme in piccolo gruppo al fine di raggiungere degli obiettivi didattici comuni, gli alunni con ADHD potranno migliorare la propria capacità di autoregolazione e aumentare la consapevolezza delle competenze che possono essere utili nella gestione delle dinamiche di gruppo. Inoltre, all’interno dei lavori in piccolo gruppo, un’altra strategia molto utile, riguarda la partecipazione attraverso compiti di role-playing, in cui lo scambio di ruoli, associato al feedback da parte dei coetanei, permette agli alunni con ADHD di sentirsi parte attiva nel processo di apprendimento, stimolando gli aspetti di pianificazione e di concentrazione.
In ultimo, le risorse tecnologiche a disposizione all’interno della classe, possono avere un ruolo fondamentale nel limitare quelle che sono le fragilità cognitive negli alunni con ADHD, e risultare un elemento chiave per rendere l’apprendimento maggiormente interattivo e piacevole. L’utilizzo della LIM, e la presentazione del materiale didattico attraverso diversi canali sensoriali (ad esempio, attraverso l’utilizzo di contributi video o audio) o l’utilizzo di materiale interattivo, possono rendere l’esperienza di apprendimento più piacevole e rendere più dinamiche le spiegazioni, riducendo in questo modo la difficoltà degli alunni con ADHD nel mantenere un adeguato livello attentivo per lungo tempo. Oltre a poter ridurre le fragilità attentive, gli strumenti compensativi informativi possono aiutare gli studenti con ADHD a pianificare e rielaborare le informazioni da apprendere, in modo da diventare agenti attivi nel processo di apprendimento. I software Geco ed ePico!, con i moduli Mappe e Quaderno, permettono agli alunni di rielaborare le informazioni, strutturare in modo personalizzato i contenuti, suddividendoli in piccole unità e attraverso la condivisione del materiale con gli altri e la possibilità di valutare le competenze apprese, ottenere un feedback relativo a quanto prodotto, indispensabile per aumentare la consapevolezza delle proprie capacità e delle eventuali fragilità nel processo di apprendimento.
Bigliografia:
De Felice, A., Ricceri, L., Venerosi, A., Chiarotti, F., & Calamandrei, G. (2015). Multifactorial origin of neurodevelopmental disorders: approaches to understanding complex etiologies. Toxics, 3(1), 89-129.
Del Campo, N., Chamberlain, S. R., Sahakian, B. J., & Robbins, T. W. (2011). The roles of dopamine and noradrenaline in the pathophysiology and treatment of attention-deficit/hyperactivity disorder. Biological psychiatry, 69(12), e145-e157.
IANES D., MARZOCCHI G. M., SANNA G., (2009), L’iperattività. Aspetti clinici e interventi psicoeducativi, Erickson, Trento
Articolo a cura di:
Thomas West – psicoterapeuta, specialista in Neuropsicologia