Come cogliere alcuni segnali
“F. è molto timida e parla solo con le persone che conosce”
“La maestra ci ha detto che T. in classe spesso si arrabbia e spinge i suoi compagni”
“Quando andiamo al parco L. non vuole giocare con gli altri bambini, resta sempre vicino a me!”
“Spesso le insegnanti ci chiamano perché P. ha mal di pancia e così vado a prenderlo. Abbiamo fatto delle visite specialistiche, per fortuna non è emerso niente di grave. È solo perché non vuole andare a scuola!”
Queste sono solo alcune delle frasi più comuni che ci riportano i genitori nel corso di un primo colloquio conoscitivo. Non è infatti insolito che bambini che presentano ritardo o difficoltà di linguaggio, sentendosi incapaci di comunicare efficacemente, tendano ad isolarsi, evitando il confronto con pari e adulti o mettendo in atto comportamenti inadeguati che gli consentono di sentirsi attivi e partecipi nella relazione.
Il linguaggio verbale ci aiuta ad organizzare i pensieri, ad esprimere il nostro mondo interiore e ad interagire con gli altri; il saper comunicare adeguatamente permette di sviluppare relazioni, di crescere e sentirsi parte attiva di un gruppo.
Intervenire precocemente, quando ci rendiamo conto che il bambino mostra delle difficoltà comunicative, risulta perciò fondamentale sia per la risoluzione di eventuali fragilità linguistiche, ma anche per evitare che ciò possa comportare delle ripercussioni sul piano emotivo e relazionale.
Quando e come si manifesta il Ritardo di Linguaggio?
Per poter riconoscere alcuni campanelli d’allarme è necessario fare un rapido ripasso delle principali tappe dello sviluppo comunicativo-linguistico.
Quindi, cosa ci aspettiamo a…?
- 6-8 mesi: inizia la lallazione. Il bambino produce sillabe ripetute (formate in una prima fase da una sola consonante ed una vocale, “ba-ba-ba”, “ma-ma-ma”, per passare poi alla ripetizione di sillabe con consonanti diverse “ma-ta-ba”). La presenza di lallazione è un importante indicatore del successivo sviluppo linguistico.
- 9-10 mesi: il bambino inizia ad indicare (comparsa del gesto deittico). Ciò precede e accompagna la produzione delle prime parole. Nei mesi successivi si assisterà all’utilizzo di gesti simbolici o rappresentativi, ovvero gesti che simboleggiano un’azione o un oggetto (es: gesto del bere o della nanna);
- 12 mesi: comparsa delle prime parole. Circa 50 le parole attese a 18 mesi.
- Tra 18-24 mesi: assistiamo ad una vera e propria “esplosione del vocabolario”. Con l’aumento delle parole prodotte inizieranno le prime combinatorie (parole combinate tra loro per dare vita alle prime frasi: “mamma pappa”).
- Dai 24 ai 36 mesi: sviluppo delle competenze morfosintattiche. Produzione delle prime frasi che diventeranno sempre più complete e complesse con presenza di preposizioni, articoli e pronomi.
Dobbiamo tenere ben presente che il processo di acquisizione del linguaggio è un fenomeno molto complesso e presenta una notevole variabilità interindividuale. Cerchiamo quindi di non essere troppo rigidi nelle nostre attese. Ciascun bambino percorre queste tappe con modalità e tempistiche differenti!
La letteratura tuttavia raccomanda di prestare attenzione ad alcuni segnali di rischio di ritardo; in particolare risulterà necessario non sottovalutare:
- assenza di gesti deittici (indicare, dare, mostrare) e di gesti referenziali (fare ciao con la mano) tra i 12-14 mesi;
- presenza di un vocabolario ridotto (produzione di meno di 50 parole) a 24 mesi;
- assenza di linguaggio combinatorio a 30 mesi.
Ed approfondire la questione, senza allarmarsi, discutendone con il pediatra o rivolgendosi ad uno specialista.
Bambini “late talkers” e “late bloomers”
Circa il 70% dei bambini “parlatori tardivi” (o late talkers), ovvero bambini che producono meno di 50 parole a due anni e che ancora a 30 mesi non hanno prodotto le prime frasi, riusciranno a recuperare e normalizzare spontaneamente le proprie competenze linguistiche raggiungendo pari capacità rispetto ai coetanei entro i 3 anni d’età e vengono per questo definiti “late bloomers” (letteralmente “bambini che sbocciano/fioriscono più tardi”).
Alcuni piccoli parlatori tardivi, pur migliorando nel corso del tempo le proprie competenze, potrebbero continuare a manifestare alcune difficoltà legate alla discriminazione di suoni o alla strutturazione di frasi. Altri ancora (circa il 5%) svilupperanno un Disturbo di Linguaggio.
Il termine “parlatore tardivo” quindi non indica la presenza di un disturbo, piuttosto potrebbe essere il “sintomo” di un disordine emergente.
Per questo motivo attendere un miglioramento spontaneo non sempre risulta essere una mossa vincente!
Quali potrebbero essere le conseguenze di un Disturbo di Linguaggio?
Conosciamo bene, e ne abbiamo spesso parlato, la forte correlazione tra Disturbo di Linguaggio e Disturbo di Apprendimento. Non ci soffermeremo quindi su questo nel presente articolo (e rimandiamo tale approfondimento agli articoli dedicati) ma cercheremo invece di cambiare il nostro punto di vista e di indossare un paio di occhiali speciali che ci possano permettere di guardare il mondo così come lo vedono i nostri bambini.
Proviamo ad immaginare: come reagiremmo se ci mancassero le parole per poter comunicare? Se avessimo voglia di raccontare qualcosa, ma non riuscissimo a farlo in modo adeguato? E ancora, se parlassimo, parlassimo, parlassimo ma nessuno ci capisse?
Non è poi così difficile immedesimarsi in situazioni del genere. Chi di noi infatti non si è mai ritrovato in un Paese straniero senza avere particolare dimestichezza con la lingua del posto? E quanto è stato faticoso?
Proviamo a fare mente locale e a concentrarci sulle nostre reazioni. Ovviamente non siamo tutti uguali e ciascuno di noi avrà reagito diversamente. Ci sarà chi avrà evitato di interagire con la gente del posto, rimandando la relazione solo a casi di estrema necessità; chi invece si sarà lanciato in conversazioni con scarsi risultati; chi avrà evitato di proferire parola ed avrà preferito di gran lunga l’utilizzo dei gesti per farsi capire e chi, ancora, dopo l’ennesimo fallimento, si sarà anche innervosito.
La vacanza all’estero è una situazione temporanea ed è solo una breve parentesi nella vita che viviamo tutti i giorni. Per bambini con ritardo o disturbo di linguaggio questa parentesi ricopre uno spazio temporale decisamente più lungo, e talvolta deve essere affrontato anche in mancanza di strumenti che possano permettere di arginare il problema. Esattamente così come facciamo noi adulti, ciascuno di loro reagisce in modo diverso. Un bambino che fatica ad esprimersi verbalmente, che ha difficoltà di comprensione del linguaggio, o non riesce a farsi capire si trova spesso a vivere una situazione di disagio di fronte ai propri coetanei e può provare frustrazione.
Ciò potrebbe indurlo a:
- preferire la compagnia di bambini più piccoli;
- comunicare solo con alcuni compagni scelti;
- difficoltà nel separarsi dai genitori;
- relazionarsi solo con adulti o bambini familiari;
- giocare in autonomia senza ricercare la presenza di altri;
- comunicare solo attraverso l’utilizzo di gesti;
- non fare mai (o molto di rado) delle domande;
- provare dei sintomi fisici (mal di pancia, nausea) in contesti sociali;
- mettere in atto atteggiamenti oppositivi o aggressivi nei confronti di coetanei o adulti.
Potrebbe inoltre apparire disinteressato e poco attento.
Sarà importante osservare attentamente questi segnali e prendere sul serio tali manifestazioni.
Cosa possiamo fare noi adulti?
Possiamo non sottovalutare il problema, intervenire e farci aiutare! Come già detto, nel caso in cui doveste avere il dubbio che lo sviluppo linguistico del vostro bambino proceda a rilento o doveste notare differenze significative rispetto a quello dei suoi coetanei o dei fratelli, la cosa migliore da fare sarà parlarne con uno specialista. Questo potrà aiutarvi a prendere in mano la situazione e darvi dei consigli utili per venire incontro alle necessità del vostro bambino.
L’intervento specialmente in una prima fase (2-3 anni d’età) potrà non prevedere la presa in carico diretta del piccolo paziente, ma preferire il coinvolgimento dei genitori attraverso un Parent Coaching, ovvero un intervento che permetterà di fornire ai genitori strumenti e consigli specifici e pratici per aiutare i propri figli a sviluppare e rinforzare le loro abilità comunicative e linguistiche; da attuarsi in un contesto sereno, familiare ed ecologico.
Qualche consiglio
Lo specialista che prenderà in carico vostro figlio saprà darvi indicazioni e consigli specifici ed individualizzati e vi guiderà nella messa in atto di modalità e nell’utilizzo di materiali (libri, giochi ecc.) adeguati e scelti ad hoc per le caratteristiche, le necessità e gli interessi del vostro bambino, perché, lo abbiamo già ribadito, ciascuno di noi è diverso!
Vorremmo comunque condividere alcuni consigli più generici, ma che potrebbero essere utili, per accompagnare vostro figlio in questo processo di crescita.
- Cercate di mantenere sempre il contatto visivo durante la relazione (evitando, se possibile interferenze esterne, come tv o tablet accesi) per poter facilitare il suo ascolto e la comprensione.
- Parlate con un ritmo più lento articolando il linguaggio in modo chiaro, variando ed accentuando l’intonazione per promuovere attenzione ed ascolto.
- Dedicate del tempo a leggere insieme (già da quando è molto piccolo). Questa attività sarà in grado di favorire lo sviluppo linguistico, rinforzerà la vostra relazione e migliorerà l’attenzione del vostro bambino.
- Rispettate i suoi tempi comunicativi ed evitate quindi di anticipare le sue parole o di sostituirvi a lui durante la conversazione, ciò lo motiverà ad intervenire attivamente.
- Raccontate e commentate in diretta azioni o situazioni di vita quotidiana per stimolare l’ascolto e facilitare l’apprendimento di nuove parole.
Ripetete correttamente la parola, se pronunciata male dal bambino, evitando di far finta di non aver capito o chiedendogli di ripetere, per impedire che ciò possa generare frustrazione e scoraggiare vostro figlio; - Provate a semplificare il vostro linguaggio e ad adeguarlo al livello linguistico del vostro bambino, utilizzando frasi più brevi e con strutture più semplici: in questo modo riuscirà a comprendere più facilmente e sarà più motivato all’ascolto.
- Concentratevi sulle parole pronunciate bene anziché su quelle più faticose e fornite dei feedback positivi (es: “Bravo è proprio un gatto!” “Hai detto molto bene questa parola! Gatto”), questo rinforzerà la sua autostima.
- Cercate di verbalizzare le emozioni che sta provando, facendolo sentire compreso e rassicurandolo.
Ed ultimo, ma non per importanza, ricordiamoci sempre che qualsiasi intervento può risultare efficace solo se il bambino è motivato: cercate quindi di renderlo protagonista, centratevi su di lui, ma soprattutto seguite i suoi interessi!
A cura di: Cinzia Tarlini, Logopedista, Laboratori Anastasis
Riferimenti bibliografici:
-Bonifacio S.,Stefani L., L’intervento precoce nel ritardo di linguaggio. Il modello INTERACT per il bambino parlatore tardivo, Ed. FrancoAngeli, Milano, 2010.
-Girolametto L., Bello A., Onofrio D., Remi L., Caselli M.C., Parent-coaching per l’intervento precoce sul linguaggio, Edizioni Centro Studi Erickson, Trento, 2017.
-Riccardi Ripamonti I., Annunziata E., Le difficoltà di linguaggio: Riconoscerle e trattarle dall’infanzia all’adolescenza, Edizioni Centro Studi Erickson, Trento, 2021.
-Sabbadini L., De Cagno A.G., Michelazzo L., Vaquer M.L.P., Il disordine fonologico nel bambino con disturbi del linguaggio, Ed. Springer, 2000.