Torna l’appuntamento annuale con la Settimana Nazionale della Dislessia organizzata da AID in concomitanza con la European Dyslexia Awareness Week, promossa dalla European Dyslexia Association. L’iniziativa, giunta quest’anno alla VII edizione, si svolgerà dal 3 al 9 ottobre 2022. Il titolo scelto per questa edizione è “Per un mondo senza etichette: inclusione e innovazione”.
Quante etichette diamo ai bambini?
Quali sono le etichette con cui erroneamente i bambini si sentono etichettare?
“Giovanni è uno studente pigro”, “Edoardo è un ragazzo svogliato”, “Laura, impegnati di più! Sei un caso perso”, “Michela sei brava in tutto ma sei così goffa…”, “Luca sei sempre disattento e non mi ascolti mai! Concentrati!”, “Sara perché non sei come tua sorella…”, “Marco sei un asino!”. Quando si offre ad un bambino uno spazio di ascolto e di confronto ci si rende immediatamente conto di quanto alcune parole pesino sulla rappresentazione di sé; i racconti delle loro esperienze familiari e scolastiche sono ricchi di parole giudicanti e poco rispettose delle loro reali caratteristiche.
Etichettare significa congelare il bambino in un’immagine, in un ruolo, in una convinzione altrui, in un giudizio di valore sulla personalità. Con le nostre parole comunichiamo le aspettative e infondiamo un senso di sfiducia nei confronti della persona a cui le rivolgiamo, che quasi sempre arriva a pensare di essere “sbagliata”.
Nell’ambito dei disturbi del neurosviluppo, in realtà, le etichette diagnostiche sono importantissime perché possono rappresentare un punto focale nella vita di studenti e di famiglie che finalmente hanno la possibilità di comprendere le caratteristiche di un modo di apprendere che ha bisogno di strade diverse per raggiungere l’obiettivo.
Partire dalle etichette diagnostiche per andare oltre
L’acronimo DSA (Disturbi Specifici di Apprendimento) indica una neurodiversità legata a difficoltà che si possono incontrare nell’imparare a leggere, a scrivere e a far di conto; il termine BES (Bisogni Educativi Speciali) identifica studenti che hanno necessità di attenzione speciale nel corso del loro percorso scolastico per motivi diversi, a volte certificati da una diagnosi di tipo medico, bisogni permanenti o superabili grazie ad interventi mirati e specifici. Arrivare ad una diagnosi o all’identificazione della necessità di un supporto mirato è importante per lo studente e per la famiglia perché permette di avere una maggior consapevolezza rispetto alle caratteristiche di apprendimento e di poter acquisire strumenti e strategie maggiormente efficaci; l’etichetta diagnostica, però, non deve costituire un limite ma anzi deve essere vista come un punto di svolta, di ripartenza.
Perché etichettiamo le persone?
Incasellare le persone all’interno di una categoria ci permette di semplificare la realtà e ridurre il nostro carico cognitivo; queste semplificazioni e categorizzazioni degli altri sottendono ad una pigrizia di fondo: creare un senso mentale di ordine per cui un’etichetta rassicura e asseconda il proprio bisogno rigido e controllante di percepire le persone secondo stereotipi. Ci sono circostanze in cui invece definire l’altro in un certo modo è protettivo perché ci aiuta a mettere una distanza tra noi e gli altri; la categorizzazione proietta nell’altro diverso da me emozioni di ira, di invidia, di frustrazione che salvaguardano l’immagine che abbiamo di noi stessi e scaricano sull’altro ciò che non possiamo vedere dentro di noi. È insita nell’essere umano la tendenza a giudicare ma, saper andare oltre l’apparenza, oltre la prima impressione, anche oltre ciò che io stesso ho pensato basandomi sui pochi elementi in mio possesso, mi permette di cambiare prospettiva e non rimanere ancorato ad un pensiero rigido e limitante. Le etichette sono riduttive perché non descrivono in modo esaustivo una persona nella sua complessità e, anzi, possono avere effetti negativi sul suo sviluppo.
Come ci possono influenzare le etichette?
Nel 1965 Robert Rosenthal ideò il concetto di Effetto Pigmalione per indicare il fenomeno per il quale le convinzioni e le aspettative riposte in una persona influiscono sul suo comportamento; è dimostrato, infatti, che la credenza che una persona ha su di un’altra può influire sul suo comportamento futuro. A seconda del tipo di etichetta in questione, essa può influire positivamente o negativamente sullo sviluppo di una persona. Che influenza possono avere le etichette in ambito scolastico? Se un docente ritiene un suo studente abile e capace l’atteggiamento propositivo di attesa da parte dell’adulto influenzerà e orienterà il comportamento dell’alunno verso un rendimento migliore; l’aspettativa che ha su di lui potrà fare la differenza verso il successo. Viceversa se un insegnante ritiene che lo studente sia lento, inadeguato, incapace può alimentare la costruzione della sua falsa (o supposta) identità spesso tradotta in scarso rendimento scolastico e bassa autostima. Questi circoli virtuosi o viziosi possono influenzare anche l’ecosistema familiare e dei pari.
Cosa accade quando un bambino viene etichettato?
Le etichette, soprattutto se negative, restano incollate ai bambini e possono influire negativamente sull’identità del soggetto etichettato provocando malessere, frustrazione e ansia; il bambino può arrivare ad assumere il ruolo di “pigro”, “svogliato”, “non adeguato” perché si è autoconvinto di essere così come viene definito e di non essere in grado di farcela a disconfermare queste false credenze.
Le convinzioni limitanti: quando le etichette diventano autodeterminazioni
Le etichette possono indurre ad assumere determinati ruoli e a interiorizzarli come propri nonostante abbiano nulla o poco a che fare con la realtà dei fatti. Persino quando sono positive possono generare una certa dose di stress e di ansia per le aspettative che trascinano con sé.
Chi vive secondo sistemi di credenza basati sul disconoscimento delle proprie potenzialità e possibilità non fa che ribadire e sottolineare la propria incapacità.
Le etichette ci plasmano come persone e possono creare convinzioni limitanti cioè modalità di pensiero basate su credenze date per certe, che limitano il modo di pensare e quindi di agire.
“Impegnati di più! Sei un disastro in matematica” può trasformarsi in “Non sono bravo in matematica” e può addirittura arrivare ad essere “Non sono portato per la matematica, la matematica non fa per me”; i bambini si convincono di essere così e da adulti pensano di essere sempre stati nel modo in cui sono stati etichettati.
Prestiamo più attenzione alle parole e rivolgiamoci agli altri con maggior gentilezza.
Le parole sono strumenti potenti: possono essere armi che feriscono o semi che nutrono e germogliano. Consapevoli dell’importanza del nostro agire possiamo sollecitare azioni, parole e gesti di cura e di attenzione verso gli altri per imparare a stare insieme con rispetto, con amore, con gentilezza; con le nostre parole possiamo stimolare bambini e ragazzi verso l’apprendimento di sempre nuove conoscenze e verso un miglioramento costante.
L’etichetta deve avere un valore incoraggiante e non giudicante, deve essere un trampolino, deve generare fiducia e dare coraggio verso il futuro perché i bambini di oggi saranno gli adulti di domani.
A cura di Monica Bertelli, Laboratori Anastasis
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Credits: Photo by Sarah Pohl