Nel 1970 Flavell, psicologo dello Sviluppo, per la prima volta parlò di Metacognizione, definendola come un pensiero relativo ai propri pensieri, una riflessione legata alla propria mente mentre questa svolge un compito. Negli anni le ricerche hanno dimostrato che la Metacognizione incide profondamente nelle capacità di studio degli alunni e che l’approccio metacognitivo è necessario per gli studenti con DSA.

 

Perché avere un approccio metacognitivo?

Come sostenuto da Anderson nel 1979, lo studio costituisce una particolare tipologia di apprendimento, in quanto caratterizzato da intenzionalità e autoregolazione. Non si apprendono, infatti, date, assiomi, concetti complessi per “osmosi”, ma è necessario porsi un obiettivo, essere concentrati, autoregolarsi e usare strategie opportune. È quindi necessario sviluppare un atteggiamento strategico nei confronti dello studio e ciò vale per ogni discente, di qualsiasi età e con qualunque caratteristica, ma ciò è ancora più essenziale per coloro i quali presentano difficoltà di apprendimento.
Un “buon lettore”, infatti, quando legge e rilegge non rischia di disperdere eccessive energie cognitive, mentre per gli studenti con DSA non è così: la loro lettura può costare un’elevata fatica cognitiva, quindi essi non possono permettersi di leggere e rileggere il medesimo paragrafo. Pertanto devono adottare un approccio metacognitivo, che li renda consapevoli del grado di attenzione con cui la loro mente sta svolgendo il compito, che li renda capaci di scegliere a priori le strategie con cui studiare, per non cadere nell’errore di dover affrontare numerose volte lo stesso paragrafo. In termini di attenzione, di affaticamento, di memoria di lavoro e di tempo di esecuzione, infatti, rischierebbero di dispendere notevoli risorse cognitive per la sola decodifica del testo, e non possedere, poi, le risorse necessarie per svolgere processi cognitivi di ordine superiore come la comprensione, scopo primario della lettura.

 

Il Modello Metacognitivo Multicomponenziale

Per approfondire l’importanza dell’approccio metacognitivo, è interessante analizzare il “Modello Metacognitivo Multicomponenziale” descritto da Cornoldi nel 2005. Tale modello, applicabile a tutti gli studenti, evidenzia che l’apprendimento è il frutto di diversi elementi: Convinzioni, Autoregolazione, Strategicità e, solo in parte, di Conoscenze e Abilità.
Si pone quindi l’attenzione sul fatto che l’apprendimento non dipende esclusivamente dal grado di conoscenze maturato su un argomento, ma risente, in modo netto, anche di aspetti metacognitivi, i quali impattano sull’atteggiamento e il relativo comportamento di studio. Ma di quali elementi metacognitivi si tratta?

 

Le convinzioni

Le convinzioni che uno studente ha maturato, a seconda di come si collocano, possono costituire dei fattori di rischio o, al contrario, dei fattori di protezione. Esse si dividono in tre categorie:

  1. Convinzioni relative all’intelligenza
  2. Obiettivi di apprendimento
  3. Attribuzioni

Marta, ad esempio pensa che la sua intelligenza sia immutabile: non può fare nulla per migliorarla, nemmeno impegnarsi di più nello studio. Barbara, invece, è convinta che cambiando strategia le sue competenze scolastiche possano aumentare. Marta e Barbara poi quali obiettivi di studio si pongono? Studiano per ottenere un buon voto (obiettivo di prestazione), o studiano per incrementare le loro conoscenze (obiettivo di padronanza)?
Infine, di fronte ad una valutazione positiva a chi attribuiscono il merito del loro successo? All’impegno? Alla fortuna? All’essere portate per quell’argomento? E, in caso contrario, di fronte a una valutazione negativa a chi attribuiscono la colpa? Ad un impegno personale scarso? Al docente che non sa spiegare?
Se uno studente, ad esempio, è convinto di avere un livello di competenze che non è possibile incrementare, che si pone prevalentemente obiettivi di prestazione e che attribuisce la causa dei suoi insuccessi alla sfortuna, sarà meno propenso a mettere in atto un approccio strategico allo studio e a sperimentare nuove modalità.

 

Autoregolazione

Studiare con profitto sottende anche la capacità di monitorare la propria mente: capire quando si è persa la concentrazione, quando qualcosa non è chiaro e va riletto, quando occorre fermarsi perché troppo stanchi. Uno studente deve imparare ad ascoltare i propri bisogni cognitivi, poiché è inutile imporsi di studiare se in quel momento si è distratti da un pensiero interferente o da eccessiva stanchezza. Si può poi pianificare i momenti di studio, tenendo conto degli impegni, ma anche delle fasce orarie in cui si è più facilitati a studiare. Inoltre è fondamentale non dimenticarsi delle pause: brevi ma frequenti, per non sovraccaricare troppo la mente, arrivando al punto di non capire più quello che si sta facendo.

 

Strategicità

E’ importante riconoscere la natura condizionale delle strategie, perché non esiste una strategia funzionale per tutti i compiti e per tutti gli studenti. L’utilità di una strategia dipende dal tipo di richiesta e dalle caratteristiche di chi la deve attuare. Modalità efficaci per svolgere un ripasso sono necessariamente differenti da quelle utili per studiare un nuovo argomento. Serve quindi maturare la conoscenza delle diverse strategie che si possono applicare in differenti condizioni, unitamente alla capacità d’uso: non basta infatti sapere che una strategia esiste, ma è importante anche saperla mettere in pratica, darsi un tempo per sperimentarla, così che essa diventi funzionale.

 

Cosa incide nell’apprendimento?

Evidenze empiriche hanno verificato la fondatezza deI Modello Metacognitivo Multicomponenziale ed è stato anche verificato che a parità di conoscenze e abilità, i fattori che incidono maggiormente nella buona riuscita dei compiti di studio sono proprio i tre elementi descritti: Convinzioni, Autoregolazione e Strategicità. Se Marta e Barbara, quindi, possiedono le medesime abilità e conoscenze è molto probabile, però, che le loro performance possano differire notevolmente se esse sono guidate da convinzioni, strategie e capacità autoregolative differenti, che impattano pertanto differentemente sul loro atteggiamento e comportamento di studio.
Se Marta e Barbara, poi, fossero anche studentesse con una diagnosi di DSA, ecco che i tre elementi metacognitivi citati acquistano ancora più rilevanza.
Barbara, ad esempio, pensa che le sue competenze possono essere incrementate nonostante il DSA e ha imparato a monitorare la sua mente che apprende, facendo pause funzionali. Ha compreso l’utilità della lettura con sintesi vocale, pur sapendo che è comunque necessario, prima di leggere un capitolo, farsi un’idea del testo sfruttando le parole in grassetto. E’ ben disposta a sperimentare strategie e strumenti compensativi, poiché consapevole che possono essere davvero efficaci per lei. Il suo comportamento di studio agevola quindi il suo successo scolastico. Lo stesso, invece, non accadrebbe se Barbara fosse sfiduciata rispetto alle sue potenzialità, se non avesse imparato a monitorare la sua mente in termini di stanchezza e concentrazione, se non attuasse strategie funzionali. In questo caso il suo comportamento di studio, a parità di conoscenze e abilità, non agevolerebbe affatto la sua riuscita scolastica.

 

Cosa può insegnarci il modello Metacognitivo Multicomponenziale?

Per chi ha difficoltà di apprendimento diventa essenziale maturare una consapevolezza metacognitiva, capace di aiutare a capire come agevolarsi nello studio e non ricadere, invece, in circoli viziosi che finiscono per sabotare ogni slancio dello studente.
La metacognizione va promossa in tutti gli studenti, perché essa può costituire una risorsa anche per i “buoni lettori”: una riflessione sulla propria mente è sempre interessante a tutte le età!
Inoltre questo modello ci ricorda che dietro ai voti non ci sono soltanto le conoscenze che lo studente ha acquisito. Esso evidenzia, infatti, che dietro al voto c’è molto di più: un universo di convinzioni magari inappropriate, o di obiettivi di apprendimento disfunzionali che però sono il frutto della storia dello studente, sono il risultato dei suoi fallimenti e delle sue rivincite. Questo modello ci sprona quindi a domandarci se, di fronte all’ennesimo voto insufficiente, pensare semplicisticamente: “Anche questa volta non hai studiato abbastanza!” sia l’affermazione appropriata.

 

 

 

A cura di: Valentina Mazzanti – Psicologa del Centro di Apprendimento Anastasis

 

 

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