Funzioni Esecutive: una storia comune

America, 1983. Mauriel Lezak è una neuropsicologa ricercatrice e studia la valutazione e la riabilitazione dei pazienti con trauma cranico. Il suo appassionato lavoro di quegli anni la rende pioniera delle “funzioni esecutive”, concetto che la neuropsicologa utilizza per indicare le abilità cognitive che rendono la persona capace di organizzare il proprio comportamento per adattarsi all’ambiente.

Ma in quali circostanze accade precisamente? Pensiamo, ad esempio, di percorrere il tragitto casa-lavoro camminando. Il percorso è familiare al punto che spesso arriviamo a destinazione quasi senza accorgercene. Camminare è un comportamento automatico, al quale non prestiamo attenzione. Ma immaginiamo che, in una giornata di pioggia, alcune pozzanghere si presentino proprio davanti a noi, interrompendo il marciapiede…in un baleno affiorano pensieri come “e adesso dove vado? Come faccio a proseguire?”. Valutiamo le opzioni e scegliamo la soluzione che ci sembra più efficace. Decidiamo che camminare sul cordolo possa essere l’alternativa giusta per oltrepassare la pozzanghera rimanendo al sicuro dalla strada trafficata. Ed è esattamente nel momento in cui ci fermiamo a pensare come risolvere il nostro problema e, valutata la strategia più efficace, facciamo attentamente un passo dopo l’altro che entrano in gioco le funzioni esecutive. Il gesto automatico diventa un processo controllato, autoregolato anche da emozioni come la paura di cadere sull’asfalto o di tuffarsi accidentalmente nell’acqua fangosa. Automonitoraggio, controllo e pianificazione del movimento per raggiungere un solo obiettivo: superare l’ostacolo.

 

CRONOMETRO : TEMPO = TEST : FUNZIONI ESECUTIVE

I ricercatori moderni dibattono sulle funzioni esecutive (d’ora in poi indicate con FE) avvalendosi della definizione di Attenzione Esecutiva (Executive Attention), ovverosia considerano le FE come un insieme di meccanismi cognitivi superiori inscindibili e multipli, influenzati dagli stati emotivi.
Starai probabilmente pensando: “Okay, la definizione è chiara…ci sono più FE che non si possono separare e che dipendono dalle emozioni. Ma che significa concretamente?

È sicuramente vero che un compito richiede di utilizzare alcuni processi esecutivi noti, ma non solo! Alcune funzioni esecutive sono ignote e, in ogni caso, non utilizziamo mai soltanto una funzione singolarmente.

Per di più, le risorse attentive ed esecutive sono amplificate o ridotte dagli stati emozionali. È capitato a tutti che in una “giornata NO” anche le attività che di solito ci sembrano semplici siano risultate praticamente impossibili. Questo accade perché l’interazione tra i sistemi considerati più strettamente cognitivi ed il sistema emozionale è continua; non esiste una funzione cognitiva “depurata” dalle emozioni.

 

Il punto di vista della neurobiologia

È ormai chiaro che quando parliamo di FE dobbiamo tenere a mente la complessità del funzionamento del cervello, il quale si attiva in network (circuiti). Immagina il cervello come una scheda elettronica. Hai presente quelle piastre stampate, più o meno grandi, senza le quali non potresti bere un caffè con i colleghi alla macchinetta dell’ufficio o semplicemente navigare sul web in questo momento? Ebbene, senza una scheda elettronica nessuna parte meccanica di un qualsiasi macchina tu prenda in considerazione potrebbe attivarsi. La scheda elettronica è il “cervello” che comunica con tutte le componenti tramite gli elementi riportati su di essa.

Allo stesso modo il cervello, o per essere più precisi i circuiti cerebrali che si attivano in risposta a determinati stimoli, permettono alle parti periferiche del corpo di attivarsi.
Ad esempio, se senti all’improvviso il suono di uno scoppio, il tuo cervello localizzerà lo stimolo tramite il feedback dell’orecchio e orienterà in maniera implicita (automatica) la tua attenzione verso di esso (anche perché lo scoppio potrebbe rappresentare una possibile minaccia da cui fuggire).

 

Sviluppo neurobiologico

Che tu sia genitore, zio/a, nonno/a o operatore dell’età evolutiva (o anche semplicemente per luogo comune), saprai probabilmente che lo sviluppo delle abilità di attenzione, memoria di lavoro, pianificazione, problem solving (e di tutte le funzioni esecutive in genere) segue un andamento progressivo a partire dai primi mesi di vita. È chiaro che nessuno di noi si immaginerebbe di sottoporre un’equazione polinomiale ad un bambino della scuola primaria…

In fasi molto precoci dello sviluppo, il bambino è capace di orientare l’attenzione a stimoli esterni, come la classica palestrina. Successivamente, quando scopre di poter agire sull’ambiente, dirige l’attenzione volontariamente, per raggiungere un ciondolo, ad esempio. Questa tappa di sviluppo, potrebbe rappresentare il fondamento dello sviluppo del mantenimento di uno scopo (azione protratta nel tempo per raggiungere una finalità).

La complessità del quadro di sviluppo dipende da fattori di maturazione neurobiologica (in altri termini, lo sviluppo e l’evoluzione del cervello). Inoltre, i fattori legati agli stimoli ambientali ed educativi, specie se ricchi e positivi, favoriscono lo sviluppo delle FE.

In generale, le aree deputate alle FE si sviluppano in tempi successivi della crescita. Come si osserva nell’immagine, le aree sensoriali e motorie sono le prime ad essere “pronte all’uso” (aree colorate in blu/viola). Banalmente, un bambino neurotipico (senza disturbi legati al neurosviluppo) nasce con capacità visive e sensoriali ed impara in fasi precoci ad usare le braccia/camminare. Solo successivamente diventa abile a risolvere problemi, pianificare una strategia o a rimanere concentrato su un compito (anche di gioco).

 

Un percorso a tappe

Hai imparato che l’evoluzione procede a piccoli passi, secondo un ordine geneticamente stabilito. Alcune aree o network sono “pronti” primi di altri. Quali sono, quindi, le milestones dell’evoluzione delle funzioni esecutive.

Per spiegarlo, ci avvaliamo dell’aiuto di aiuto Pennington et Al. che nel loro studio hanno valutato 140 soggetti tra i 3 ed i 28 anni, sottoponendo diversi compiti sulle FE.

Secondo gli autori, lo sviluppo segue queste tappe di maturazione:

  • a 6 anni: pianificazione semplice (elaborazione dei passaggi da effettuare per un fine) e ricerca visiva (cercare uno stimolo target all’interno di un insieme)
  • a 10 anni: capacità di mantenere l’attenzione, verifica delle ipotesi e controllo degli impulsi (inibire le risposte “automatiche”)
  • nell’adolescenza: una completa capacità di pianificazione, di sequenza motoria (atti motori formati da più passaggi) e di fluenza verbale.

Altri ricercatori del gruppo di Levin hanno individuato le tappe di sviluppo tra i 3 e i 15 anni:

  • tra i 7 e gli 8 anni e i 9 e i 12 anni: si evidenzia un incremento della sensibilità ai feedback (capacità di autocorreggersi), del problem solving (risoluzione dei problemi), delle formulazione di concetti, del controllo dell’impulsività
  • tra i 9 e i 12 anni e i 13 e i 15 anni: si riscontra un incremento delle strategie di memoria, dell’efficienza nella memoria, della pianificazione, del problem solving e nella formulazione di ipotesi

Sebbene queste siano le tappe di riferimento, è sempre bene ricordare che ci sono differenze individuali e che le possibilità ed il sostegno a cui ognuno accede sono rilevanti, soprattutto nell’ottica clinica in cui non ci interfacciamo con un disturbo ma sempre con un individuo a sé.

Ricordando una frase di George Perec, teniamo a mente che “Si può guardare il pezzo di un puzzle per tre giorni di seguito, credendo di sapere tutto della sua configurazione e del suo colore, senza aver fatto il minimo passo avanti: conta solo la possibilità di collegare quel pezzo ad altri pezzi”.

 

 

 

Bibliografia:

  • Benso, 2010 – “Attenzione esecutiva, memoria e autoregolazione – una riflessione neuroscientifica su funzionamento, assessment e (ri)abilitazione”, Francesco Benso, 2018.
  • Levin HS, Culhane KA, Hartmann J, et al. Developmental changes in performance on test of purported frontal lobe functioning. Dev Neuropsychol 1991;7:377-95.

 

 

 

Tratto dall’Articolo di Maria Luisa Anastasia – Educatrice Professionale

 

 

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