Diagnosi di disortografia, memoria di lavoro fragile. Uso di correttore ortografico, di sintesi vocale per revisionare quanto scritto, di mappe. Sessioni di studio concluse con grande fatica e con la sensazione, il giorno seguente, di ricordare poco, troppo poco, rispetto allo sforzo profuso. Questa è Teresa. Oltre a tutto ciò, però, Teresa è anche una grande appassionata di mitologia, legge volentieri romanzi storici e studia con interesse le varie discipline nonostante le fatiche importanti. Ora si trova nel momento in cui deve scegliere quale scuola superiore frequentare dal prossimo anno. Avrebbe le giuste caratteristiche e una propensione per frequentare il liceo Classico, o comunque un liceo tradizionale, che preveda quindi anche lo studio del Latino. Ma la ragazza e la sua famiglia in primis sono molto titubanti rispetto a questa eventualità: pensano, infatti, che il Latino, così come il Greco, possa essere eccessivamente difficile da affrontare a causa del suo profilo di apprendimento.
Latino si… latino no
La domanda dunque è la seguente: può uno studente con DSA studiare il Latino e/o il Greco? Ecco che per rispondere sono necessarie alcune riflessioni. Grandi traguardi, infatti, sono stati raggiunti grazie alla legge 170/2010 e alle relative linee guida del 2011, in termini di didattica personalizzata, di provvedimenti compensativi e dispensativi e di conoscenza generale dei diversi profili di apprendimento. Pertanto, da questo punto di vista, la presenza di un DSA non è una causa sufficiente per escludere la possibilità di studiare al liceo Classico. Tuttavia il discorso è più complesso di così, perché oltre a quello che gli studenti possono trovare nella scuola che li accoglie, è fondamentale ragionare su quello che essi stessi possono e sono disposti a offrire affinché il loro studio, rispetto a queste discipline, possa essere adeguato.
Le lingue classiche, infatti, sono complesse per tutti gli studenti non solo per chi ha un DSA. Risultano ostiche perché caratterizzate da una natura flessiva che non appartiene alla nostra lingua madre. Un esempio sono i casi delle varie declinazioni, che è necessario riconoscere velocemente per comprendere la struttura della frase da tradurre. Questa particolarità è destabilizzante per tutti, figuriamoci poi per uno studente che ha molte difficoltà con la memoria o che fatica a leggere correttamente e velocemente le lettere!
Inoltre le lingue classiche si possono definire relativamente trasparenti, perché non sempre si trova una corrispondenza diretta grafema-fonema. Ciò significa che una lettera può non assumere solo ed esclusivamente un unico suono. Per fare un esempio, in Latino, “a” si pronuncia “a”, ma seguita dalla “e” accade che “ae” assume il suono “e”. Questo aspetto si ripercuote su tutti gli studenti, ma è evidente che chi ha un disturbo specifico di lettura, cioè fatica grandemente nella decodifica, sarà maggiormente penalizzato da questa regola. Il Greco, poi, aggiunge l’ulteriore complessità di un alfabeto differente, costituito da simboli e suoni non tutti appartenenti alla nostra lingua madre. Se, quindi, uno studente senza difficoltà di apprendimento nel giro di poche settimane con impegno e volontà riesce a memorizzare il nuovo alfabeto, lo studente con DSA, a parità di impegno e volontà, impiegherà molto più tempo in questa impresa e, soprattutto, potrebbe continuare a non leggere in modo automatico e senza eccessivi sforzi, le parole scritte in Greco.
Sia il Latino che il Greco, inoltre, sono lingue storicamente concluse e difficilmente le si possono incontrare spontaneamente nella vita di tutti i giorni. Se, infatti, l’Inglese lo ritroviamo di continuo e quindi possiamo fare esperienza di vocaboli, espressioni e suoni della lingua quasi senza accorgercene (ad esempio ascoltando canzoni e guardando una serie tv americana), con le lingue Classiche questo avviene davvero raramente. E se l’Inglese lo possiamo anche assimilare leggendo un brano e cercando di comprenderlo, con le lingue Classiche siamo invece indirizzati a fare esperienza della lingua passando e focalizzandoci su uno studio approfondito della grammatica. Ora, la grammatica è impegnativa, astratta e talvolta vissuta come un qualche cosa di noioso e faticoso da tutti gli studenti. Imparare a memoria declinazioni, coniugazioni, paradigmi di verbi irregolari è arduo per qualsiasi persona ma, per chi ha un DSA, lo può essere ancora di più. E oltre alle regole anche la comprensione della grammatica è difficile, soprattutto se appartiene a una lingua basata su una cultura differente dalla nostra, da cui siamo separati da parecchi secoli e da modi diversi, almeno in parte, di intendere i valori e la società. Pensiamo al famoso caso dell’Ottativo greco. Nella lingua greca, infatti, c’è un modo, l’Ottativo, appunto, che ha la funzione di esprimere il desiderio, una speranza, qualcosa a cui si tende ma che ancora non è realizzato. L’Ottativo costituisce un concetto davvero affascinante, ma in Italiano non trova un diretto corrispettivo. Oppure, ancora, in Greco non esiste solo il singolare e il plurale, ma anche il duale, nato per riferirsi a ciò che per natura è costituito indissolubilmente da due elementi come, ad esempio, gli occhi, gli sposi… Questa differente visione del mondo ha plasmato la lingua greca e di conseguenza anche la sua grammatica. Tutto ciò è affascinante, ma se pensiamo poi al compito di traduzione, questa grammatica che non sempre ha un diretto corrispettivo in Italiano, complica lo svolgimento delle versioni. Io posso, infatti, aver compreso che quel verbo è espresso all’Ottativo, ma poi come lo rendo in Italiano? Come già detto sono aspetti difficili per tutti e la presenza di un disturbo dell’apprendimento non può che amplificare questa complessità.
Come fare? Conosci te stesso
Ritorniamo però a Teresa e a cosa può guidare la sua scelta sulla scuola superiore da frequentare. Per prima cosa è fondamentale renderla protagonista attiva delle scelte scolastiche, mettendola di fronte ai panorami che si possono aprire sia in termini di possibilità e sbocchi per il futuro, che in termini di eventuali difficoltà che le differenti scelte possono comportare. A questo proposito, nel caso di Teresa, non ha senso escludere a priori lo studio delle lingue classiche, ma non ha nemmeno senso non metterla in guardia di fronte ai possibili rischi, come quelli descritti nelle righe precedenti.
Diventa poi fondamentale che Teresa si concentri sulle proprie aspirazioni, i propri interessi in termini di discipline, ma anche sulla conoscenza delle proprie caratteristiche di studentessa. Se, infatti, ho una diagnosi di DSA, per affrontare la scuola con soddisfazione è necessario che io conosca dove si situano le mie cadute, ma, o meglio soprattutto, è necessario che io conosca anche dove posso ricercare le mie risorse, grazie alle quali posso sperimentare modalità per compensare le mie fragilità. Spesso ai ragazzi che entrano per la prima volta nei Laboratori Anastasis alla domanda “Dove fai fatica a scuola?” non basta lo spazio del foglio per rispondere. Quando invece chiediamo “In cosa ti senti forte a scuola?” non sanno cosa dire e spesso il foglio resta bianco. Un ragazzo con DSA, infatti, nella maggior parte dei casi sa benissimo dove fa fatica, mentre non è affatto consapevole di avere dei punti di forza da sfruttare anche a scuola e, con un orizzonte così cupo, qualsiasi indirizzo può sembrare inaffrontabile.
Parlando di lingue classiche possiamo allora ripensare alle parole di Socrate, quando esortava i giovani con la frase: “Conosci te stesso”. E, a questo proposito, potremmo chiedere a Teresa se è consapevole di ciò che la entusiasma di più a scuola. Se oltre alla disortografia e a questa memoria fragile sa anche su quali risorse può contare. Se è intenzionata ad approfondire le strategie che può mettere in campo a scuola e a casa per studiare. Se è disposta a sperimentare modalità diverse per imparare, o ad implementare quelle che già conosce. Se ritiene di poter essere perseverante e scrupolosa nello studio. Se pensa di essere forte di fronte a una delusione arrivata a causa di una verifica o di un’interrogazione andata male. Ovvero è necessario, da un lato, sviluppare nella ragazza stessa un insieme di conoscenze metacognitive che permettono di sapere come la propria mente apprende e cosa si può fare per migliorare e, dall’altro sviluppare la conoscenza di caratteristiche personali di studente e delle qualità indispensabili per vivere un’esperienza scolastica positiva, come perseveranza e curiosità per le materie.
“Marcet sine adversario vistus”
Non possiamo sapere quale scuola sceglierà Teresa, possiamo però considerare che la presenza del DSA non esclude la possibilità di studiare il Latino o il Greco, ma, allo stesso tempo, non possiamo nemmeno credere che il Latino e il Greco siano semplici da affrontare perché, come già detto, non sono facili per nessuno e quindi non lo sono ancora di più per chi ha un disturbo di apprendimento. Per studiarle diventa quindi necessario andare alla scoperta delle proprie caratteristiche per conoscere dove la difficoltà mi affatica e mi colpisce, ma anche per capire profondamente e in modo tangibile dove le risorse che possiedo (perché sicuramente ne ho) mi possono sostenere anche nello studio delle lingue classiche. Senza cancellare le difficoltà e senza nemmeno semplificare in modo banale le discipline, si possono poi trovare strumenti e strategie per rendere accessibili anche queste materie. Tra questi possiamo citare il vocabolario digitale, le mappe, l’uso strategico di colori e immagini… ma nulla di tutto ciò può andare a sostituire l’apporto unico che lo studente stesso può e deve mettere in campo per studiare in modo efficace. Senza, infatti, una conoscenza delle proprie caratteristiche e quindi del perché quel determinato strumento è per me utile, tutto diventa vano e inconsistente. La conoscenza delle proprie caratteristiche di studente è dunque essenziale, anche se, talvolta, può spaventare. Infatti la scuola, qualunque essa sia, a volte assume le sembianze di un nemico troppo grande da combattere, impossibile da fronteggiare perché la difficoltà di apprendimento è diventata una corazza troppo pesante. Ecco che, in questi casi, può essere incoraggiante riflettere su quanto affermato da Seneca: “Marcet sine adversario virtus”, ovvero senza un avversario la virtù marcisce. E chissà, seguendo questa questa scia magari la difficoltà di apprendimento può finire per rivelarsi una caratteristica arricchente…
A cura di: Valentina Mazzanti – Centro di apprendimento Anastasis
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