Che ruolo giocano le emozioni nell’apprendimento?

Proviamo ad immaginare di dover leggere un testo quando stiamo provando un’emozione negativa, ad esempio quando ci sentiamo arrabbiati, ansiosi o tristi….

Capita spesso che in queste condizioni sia difficile concentrarsi, perché la nostra attenzione è tutta volta ad altro. Potremmo leggere malvolentieri o sbagliarci o non ricordare nulla di ciò che abbiamo appena letto. Allora ci definiremmo distratti o non attenti, perché il nostro pensiero e le nostre emozioni sono attratte altrove. Ebbene, questo è ciò che succede anche ad un bambino che si sta impegnando nell’apprendimento. Questa breve introduzione vuole mettere in evidenza quanto e come apprendimento ed emozioni siano interconnesse tra di loro.

Emozioni e apprendimento

In tutte le attività cerebrali sono coinvolte le emozioni, che sono fondamentali e indispensabili anche nei processi di elaborazione, memorizzazione, lettura, scrittura e calcolo. Quello che i bambini provano e sperimentano come emozione durante l’apprendimento viene immagazzinato in memoria insieme alle informazioni che stanno acquisendo. In altre parole, nella rievocazione richiamano tutto quello che è stato messo in memoria, comprese le emozioni.

Se le emozioni sono negative, indeboliscono i processi cognitivi: se un bambino fa fatica mentre apprende, sperimenta un’emozione di paura e tutte le volte che richiamerà alla memoria l’acquisizione di quelle informazioni sarà richiamata alla memoria sia la fatica sia l’emozione della paura. In questo modo si stabilizzerà l’apprendimento e il mantenimento dell’emozione disfunzionale e antagonista al buon funzionamento e alla buona acquisizione delle conoscenze. 

Se riprendiamo l’esempio proposto prima, il bambino che è concentrato nella comprensione dell’argomento sarà più impegnato a sperimentare le emozioni negative e farà molta più fatica ad occuparsi di come assimilare il contenuto.

Le conseguenze emotive dei Disturbi Specifici dell’Apprendimento

Quando un bambino con un Disturbo Specifico dell’Apprendimento inizia la scuola primaria, comincia a confrontare il suo ritmo di apprendimento con quello dei compagni. Ad esempio potrà fare più fatica a scrivere le informazioni o a leggere e fare calcoli con una velocità e un’accuratezza simile a quella dei compagni. Questo può portare ad essere valutato e ad auto-valutarsi in modo negativo indebolendo l’immagine di sé e lo sviluppo intellettivo, sociale, emotivo e familiare (Celi, 2015). Così si insinuano i primi tasselli per l’instaurarsi di difficoltà emotive, accentuate dal grado d’insoddisfazione rispetto all’ambiente e a sé stessi, oltre che dal disagio e dalla sofferenza esperita in ambito scolastico.

Le spiegazioni che le persone danno ai propri successi e insuccessi, hanno conseguenze sulla riuscita scolastica, l’autostima e il benessere emotivo. Infatti, l’attribuzione degli insuccessi a una mancanza stabile di abilità induce ansia, inadeguatezza, rassegnazione e passività, ma anche scarsa motivazione, impegno e perseveranza nell’affrontare i compiti, aumentando la probabilità di sperimentare nuovi insuccessi che confermeranno il senso d’inadeguatezza, fino ad arrivare all’evitamento e all’isolamento
(Masi et al., 1998).

Inoltre, il pensiero di non essere all’altezza e la sensazione di inadeguatezza rischiano di generare stati depressivi e, di fronte ai fallimenti che sono vissuti come inevitabili, si rischia di vivere stati di apatia e di rassegnazione (Huntington & Bender, 1993). A loro volta, queste difficoltà potrebbero sfociare in problemi sociali, a seguito dell’isolamento, come, ad esempio, evitare la compagnia di altri compagni che hanno più successo nella scuola, o carenza d’attenzione e pensieri disfunzionali, a causa della sensazione di impotenza, derivata dal non ottenere buoni voti, nonostante uno studio e un impegno elevato nella scuola. In età adolescenziale (e sempre più anche infantile) si presentano anche comportamenti aggressivi davanti alle difficoltà insuperabili, come forma disadattiva di affrontare la frustrazione (Pellegrini & Bartini, 2001).

Che cosa si può fare?

Chiedere “come stai?”

I ragazzi hanno bisogno di potersi sfogare e di parlare: hanno bisogno di raccontare come stanno. Può essere d’aiuto fornire loro uno spazio che li accolga e creare un luogo sicuro in cui sentirsi protetti e ascoltati. Ascoltare significa dare all’altra persona tutta l’attenzione di cui siamo capaci mostrando un autentico interesse per quello che sta raccontando, sospendendo il giudizio e il confronto con quello che potremmo pensare noi e lasciando spazio alle parole che ci vengono dette. Creare un luogo protetto significa anche accogliere quello che i ragazzi ci stanno dicendo con empatia, facendo capire che non verranno valutati, puniti o rifiutati ma ascoltati e compresi.

Trovare le proprie strade per apprendere

Esistono molte modalità di apprendimento e ogni ragazzo ha la sua, favorire la riflessione sul fatto che sono presenti molti strumenti e strategie per apprendere e per affrontare diversi argomenti è fondamentale per capire poi quali sono i più utili e più efficaci in modo da far percepire ai ragazzi le proprie capacità e le proprie risorse.

Favorire la riflessione sull’autoefficacia: “ce la posso fare!”

Secondo Bandura (psicologo canadese noto per la sua teoria sull’apprendimento sociale, 2002) l’autoefficacia concerne le convinzioni delle persone sulle proprie capacità di produrre risultati e dominare specifiche attività, situazioni o aspetti del proprio funzionamento psicologico e sociale. Le convinzioni di autoefficacia influiscono in modo significativo sul funzionamento socio – cognitivo, sul livello di motivazione, sul successo delle prestazioni personali, anche scolastiche, e sul benessere emozionale. L’autoefficacia risulta così un fattore protettivo per il successo scolastico ed il benessere emotivo, può aiutare a pianificare al meglio gli obiettivi e mettere in atto strategie di autocontrollo, tiene alta la motivazione e attiva processi emozionali positivi in modo che anche i momenti di tristezza vengano vissuti come temporanei e non mettano le radici nei cuori dei nostri ragazzi.

Apprendere dai propri errori

Come ogni bambino in via di sviluppo, anche il bambino con dislessia ha bisogno di tempo per apprendere dai propri errori, tenendo conto della variabilità nelle diverse abilità, dei punti di forza e di debolezza. Per sostenerlo nel suo processo di apprendimento e crescita bisogna tener presente la variabilità prestazionale, poiché a volte la lettura di un brano o di un libro può essere più semplice, altre volte si presentano difficoltà anche nello scrivere il proprio nome su un foglio. Quest’aspetto rende difficile al soggetto imparare a compensare ed è opportuno che le figure significative intorno a lui lo aiutino a comprendere meglio quali strategie applicare a seconda della situazione e favoriscano lo sviluppo dei processi emotivi e motivazionali più efficaci per la sua crescita.

Rinforzare i piccoli e grandi successi

Sia a scuola sia a casa è importante rinforzare tutti i successi ed evitare di rinforzare gli insuccessi con l’attenzione negativa. Parlando di rinforzi non mi riferisco alle caramelle o a pezzetti di cioccolata ma ai sorrisi legati all’impegno che il bambino ci sta mettendo e ai feedback e commenti positivi e accurati in seguito a qualcosa che ha fatto nel migliore dei modi. Da ricordare che il rinforzo non va dato solo quando una cosa viene fatta “bene” ma soprattutto quando viene fatta “meglio” della volta precedente. I rinforzi aumentano la probabilità che un comportamento positivo o una prestazione adeguata siano ripetuti in futuro, aumentano l’autostima, le emozioni positive, l’autoefficacia e la motivazione.

Se si è in difficoltà si può chiedere aiuto

Per evitare che i Disturbi Specifici dell’Apprendimento possano avere delle conseguenze anche sul benessere emotivo del bambino, è sempre opportuno effettuare una valutazione della sfera emotiva e, in caso di difficoltà, affiancare al training delle abilità legate all’apprendimento anche un sostegno psicologico finalizzato a potenziare l’autostima e permettere un adeguato stile attributivo.

Bibliografia

Celi F. e Fontana D. (2015), Psicopatologia dello sviluppo. Storie di bambini e psicoterapia, M.C.Graw – Hill.

Huntington D.D. e Bender W.N. (1993), Adolescents with learning disabilities at Risk? Emotional well-being, depression, suicide, «Journal of Learning Disabilities», vol. 26, pp. 159-166.

Masi G., Poli P., Palladino P., Calcagno M. e Sbrana B. (1998), Il rischio psicopatologico in bambini ed adolescenti con disturbo specifico di apprendimento. In G. Stella (a cura di), La dislessia. Aspetti cognitivi e psicologici, diagnosi precoce e riabilitazione, Milano, FrancoAngeli.

Pellegrini A.D. e Bartini M. (2001), Dominance in early adolescent boys: Affiliative and aggressive dimensions and possible functions, «Merrill-Palmer Quarterly», vol. 47, n. 1, pp. 142-163.

Contenuti a cura di Lucrezia Adamo, Laboratori Anastasis

 

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