Mi sento diverso”
“Io nella mia classe sono il mastro delle mappe”
“Sono intelligente.”
“Le mappe sono il meccanismo che accende la mia memoria.”
“La verifica in A3? Io son dislessico anche con i caratteri giganti!”
“Quando ho visto un mio alunno fare i compiti al pomeriggio ho capito la fatica che faceva. Solo allora ho realizzato davvero quello che avevo letto sui libri.”
“Quando hanno diagnosticato mio figlio ho capito che anche io sono dislessico.”
Queste sono solo alcune delle frasi che possono dire bambini e ragazzi con disturbi specifici dell’apprendimento e gli adulti che vi ruotano intorno. Spesso attorno ai DSA aleggia lo stupore e la sorpresa, anche dopo tanti anni dalla legge 170 del 2010, questo perché comprendere dislessia, disortografia, disgrafia e discalculia non è facile. Non parlando di qualcosa di immediatamente percepibile, è difficile capirlo per chi non lo vive in prima persona.
Fai fatica ma sei intelligente. Ti impegni, ma arrivano brutti voti. Ti aiuto ma tu non stai attento.
Insomma…le persone non capiscono e se non capiscono rischiano di parlare a sproposito e spesso quando chiedono e si interessano non è facile spiegarsi e i pensieri si attorcigliano su sé stessi.
Proviamo allora a fare chiarezza.
“Lo sai che…” campagna di AID e Erikson
Per schiarirci le idee partiamo, come spesso accade parlando di DSA, dall’associazione Italiana Dislessia (AID) che, in collaborazione con Erickson, lancia nel 2018 la campagna “Lo sai che..” per sensibilizzare la conoscenza sulla dislessia e sugli altri disturbi specifici di apprendimento. Durante la settimana Nazionale della Dislessia del 2021 è emerso un vero e proprio decalogo delle “10 cose che una persona con DSA vorrebbe che tu sapessi”.
- I DSA sono una caratteristica.
Ho gli occhi azzurri, sono simpatico, atletico e ho un DSA, che come le altre cose è solo una piccola parte di me.
- Dislessia, discalculia, disortografia o disgrafia non sono una malattia.
Non essendo una malattia non si può guarire e non c’è nulla da curare. Semplicemente il cervello funziona in maniera differente, ma funziona e funziona bene.
- Gli strumenti compensativi non sono un privilegio o una semplificazione.
Sarebbe sensato togliere a un miope i suoi occhiali perché altrimenti è facilitato? Il computer, le mappe multimediali e i formulari sono gli strumenti che permettono agli studenti di dimostrare il loro valore e le loro competenze aggirando gli ostacoli dell’apprendimento.
- I DSA interessano circa il 5% della popolazione italiana.
Anche se spesso gli studenti con DSA si sentono davvero soli, sono tanti ed uno degli obiettivi più importanti è non farli sentire degli alieni.
- Le persone con DSA hanno un’intelligenza nella norma o superiore alla norma.
Pensiamo ad Albert Einstein, Pablo Picasso o Thomas Edison, menti eccellenti e brillanti, tutti e tre avevano un DSA.
- Non siamo né furbi, né svogliati: siamo persone con DSA.
Parliamo di ragazzi che faticano il doppio degli altri per trovare il loro metodo di studio, visto che quello “canonico” non funziona, usare le mappe concettuali e usufruire dei giusti supporti non è furbizia, ma è il loro metodo di studio.
- Le persone con DSA hanno punti di forza e non solo fragilità.
Spesso e volentieri hanno un pensiero divergente e creativo estremamente sviluppato, ottime capacità di problem solving e di affrontare le difficoltà. Tutte queste competenze devono essere messe in luce dalla didattica, in modo da non dare attenzione sono ai punti di debolezza.
- Anche se la dislessia è invisibile non significa che le sue difficoltà non esistano.
Sono infatti più concrete di quanto si pensi, perché si presentano trasversalmente in tutte le materie e se non supportate possono ostacolare l’apprendimento in molti aspetti.
- Negli ultimi anni le certificazioni di DSA sono aumentate perché questi disturbi, sebbene tuttora sottostimati, sono più diagnosticati che in passato.
E malgrado ciò si parla ancora di “boom di diagnosi” e diagnosi esagerate, ma basta vedere le fatiche dei ragazzi per capire quanto sia importante l’iter diagnostico.
- Le strategie per rendere la scuola inclusiva per chi ha un DSA possono essere utili anche ad altri studenti.
Mappe concettuali, lavori di gruppo, classe capovolta, uso della tecnologia, sono solo alcuni dei tasselli che compongono le strategie per fare eccellere uno studente con DSA e ognuno di questi è uno strumento flessibile e adattabile alle caratteristiche di tutta la classe.
Questo decalogo capovolge e svela già molti pezzi del puzzle che vanno a comporre il quadro di uno studente o di una studentessa con DSA, ma possiamo fermarci qui? È sufficiente parlare di strumenti, strategie, competenze e inclusività quando si parla di una persona?
Cosa hanno dentro i bambini e le bambine che non riescono a imparare subito le tabelline? Cosa provano ragazze e ragazzi quando in classe tirano fuori una mappa per la prima volta davanti ai compagni? Cosa succede alla fine di una giornata di scuola in cui ci si sente diversi o sbagliati?
La storia di Martina…
Per capire davvero cosa una persona DSA vorrebbe farci sapere forse dovremmo parlare con ognuno di loro, perché hanno storie, voci ed emozioni uniche, perché sono tutti diversi, perché siamo tutti diversi. Dovremmo chiacchierare con Ernesto, che è stanco di essere preso in giro da chi non lo capisce.
Dovremmo parlare con Emma, Francesco e Valentina per chiedergli come si sono sentiti quando il giorno della verifica in classe si sono visti consegnare un foglio in formato A3 sul banco, che è stato come avere un bollino rosso piantato sulla testa con scritto: “Guardami!!! Sono diverso”. Magari dovremmo sentire Samuele o Rebecca che avevano fatto un compito da 8, ma che alla fine era magicamente diventato un 7. Perché?! “Perché hai guardato le mappe, non potevo darti 8”. C’è però anche Mattia che nella sua classe è chiamato il mastro delle mappe e le condivide con tutti i suoi compagni. Penelope che dopo i primi mesi di fatica è riuscita a costruire delle mappe di aritmetica che l’hanno aiutata a prendere voti altissimi, andando oltre la sua discalculia. Alessia che è riuscita a dire ai suoi professori come si è sentita per gran parte della sua vita scolastica parlando della dislessia nella sua tesina all’esame di terza media.
Le storie sono potenzialmente infinite e tutte profondamente differenti, ma per fare il punto e andare oltre le questioni di intelligenza, competenze, strumenti e strategie, prendiamo in prestito le parole di Martina.
A Martina piace scrivere, è una cosa che la fa stare bene e le serve da sfogo. Quando aveva 11 anni scrive una lettera che chiama “L’essere vivi” in cui racconta di sé, della scuola e di tutto quello che sente...
“La verità è che la vita è come una verifica immensa”.
Vi state chiedendo se in questa verifica è possibile copiare ma nessuno, neanche io, sa che questa verifica è diversa per tutti. All’inizio pensavo fosse diversa solo per me e pensavo di essere diversa dagli altri in modo negativo. […] Ogni essere umano deve pensare prima di completare gli esercizi sulla verifica, per me è tipo una partita a scacchi. Prima di fare un passo avanti con il pedone devo ragionare mille e mille volte in modo che l’avversario, in questo caso la paura, non faccia scacco matto. Però è anche normale a volte smettere di pensare e sbagliare.
“Siamo umani, per questo esiste la rivincita”.
Nella mia verifica la vita ha messo esercizi facoltativi per mettermi alla prova e rischiare e altri che mi sembravano impossibili, ma è per questo che ci sono le mappe, cioè la famiglia. È loro compito aiutarci a capire, non fanno l’esercizio al posto nostro, ci accompagnano per farci arrivare da soli. […] E se non siamo soddisfatti di un esercizio, non per forza vuol dire che non sia stato bello completarlo. Quando la verifica terminerà, sapremo che ci sono stati alti e bassi ma che comunque è stata un briciolo divertente e che in tutti i modi ci rimarrà impressa per sempre.
“Per me questo è l’essere vivi, la vita e noi siamo un magnifico disastro”.
Sono tante le cose che Martina racconta in questa lettera, parla di come è stato difficile sentirsi diversa ed essere sempre guardata e giudicata. Parla della paura, che ti blocca e che come un avversario può essere sconfitta solo pensando e ripensando, studiando e facendo le mosse giuste. Proprio come in una partita a scacchi però a volte si perde, anche stando molto attenti e concentrati ed è allora che parla di rivincita, di seconde occasioni e di quanto sia importante avere qualcuno che ti supporta nell’errore e nelle fatiche. “Ci sono le mappe, cioè la famiglia” con poche parole Martina riassume un concetto fondamentale per comprenderla e forse per comprendere anche molti dei ragazzi che come lei hanno un disturbo dell’apprendimento. Ciò che serve è una rete di sicurezza fuori e dentro la scuola. Qualcuno che ti capisca o uno strumento che ti aiuti a fare emergere il meglio di te, a fare da solo e ad accettare che nella vita e nella scuola si può sbagliare e anche divertirsi.
Tutto quello che una persona con DSA vuole farti sapere forse è che siamo tutti esseri umani e che oltre le differenze possiamo sbagliare, crescere e modificarci stando insieme, ascoltandoci e comprendendo che l’altro non dovrebbe essere un pezzo degli scacchi che vuole mangiarci, ma una persona come noi, con punti di forza, fragilità, giornate belle e brutte e che in qualche modo vuole portare a termine la sua immensa verifica, proprio come noi.
Contenuti a cura di Chiara Tomesani, Laboratori Anastasis
Sitografia
https://www.erickson.it/it/mondo-erickson/articoli/dsa/10-cose-che-persona-con-dsa-vorrebbe-sapessi/