Ripetiamo spesso ai nostri bambini che “L’importante è partecipare”, ma è davvero questo il messaggio che arriva a loro nella nostra quotidianità? Siamo davvero così disponibili a non vincere e ad accettare gli errori?
Non possiamo non tenere in considerazione che la nostra società è basata su un’idea di successo e di perfezione e sulla stigmatizzazione del fallimento, che viene associato a inadeguatezza e vergogna; ciò inevitabilmente ci porta, nonostante i bei proverbi e le belle parole, a valorizzare i successi e a nascondere i fallimenti e gli errori, creando un’immagine distorta e irrealistica della vita e delle continue sfide che incontriamo tutti i giorni.

Se ci pensiamo, l’evoluzione della nostra specie ci ha portato a temere di perdere nelle lotte con i pari, dato che in quel caso vincere significava sopravvivere. In un certo senso siamo programmati a livello neurologico e comportamentale a cercare la vittoria; allo stesso tempo, nella nostra società, dove i fallimenti non interferiscono con la vita ma con un’idea irrealistica di perfezione, è compito di noi adulti cambiare la prospettiva e la narrativa intorno alla possibilità di vincere o perdere per far sì che le nuove generazioni possano crescere abbracciando le proprie imperfezioni e facendo tesoro degli errori nella costruzione della propria autostima.

Spesso siamo noi genitori e insegnanti, con tutte le buone intenzioni, a promuovere la cultura del successo, ad esempio premiando i bei voti e non l’impegno che bambini e ragazzi ci mettono per preparare una verifica e mitizzando coetanei, atleti o personaggi famosi che hanno “vinto” nel loro percorso o nella loro carriera. Non è solo premiando ed enfatizzando le vittorie che promuoviamo la spinta alla perfezione, ma è anche spostando all’esterno eventuali colpe per brutti voti o piccoli fallimenti dei bambini: “Tanto lo sappiamo che hai preso un brutto voto perché la prof non ci sopporta, tranquillo”, “Stavolta sei stato proprio sfortunato, anche se ti fossi impegnato a studiare non sarebbe cambiato niente!”. Queste frasi, anche piuttosto frequenti, nascondono molte insidie: promuovono infatti uno stile di attribuzione esterno in riferimento alle sconfitte e il messaggio che passa è che perdere non dipende da noi, ma è qualcosa di terribile che subiamo e che non possiamo controllare.

 

Come possiamo cambiare la prospettiva sul fallimento?

  • Impariamo dai nostri errori e valorizziamo le imperfezioni. Sbagliare è inevitabile, e soprattutto è un modo incredibilmente efficace per imparare. Proviamo quindi prima di tutto noi, in quanto modelli, a metterci alla prova e a dare spazio alle imperfezioni: una sana autostima si basa non sulla sopravvalutazione delle proprie risorse ma sulla consapevolezza dei propri punti di forza e delle proprie fragilità. Andare verso un’ideale di perfezione rischia di essere frustrante e di alimentare vissuti di ansia e di inadeguatezza.
  • Premiamo il processo e non il risultato. Anche se la nostra società tende a focalizzarsi soltanto sul risultato finale, è compito di noi adulti spostare l’attenzione sul percorso che ci ha portato al traguardo, sull’impegno che ci abbiamo messo, sull’investimento emotivo e cognitivo, a prescindere dal risultato.
  • Promuovere obiettivi di padronanza. Incoraggiare i bambini ad affrontare le sfide con l’obiettivo di imparare e crescere, piuttosto che concentrarsi solo sul risultato finale, li aiuta ad approcciarsi alle sfide e all’apprendimento con obiettivi di padronanza, invece che di prestazione: ciò favorisce la motivazione intrinseca, la perseveranza e la voglia di mettersi in gioco, anche di fronte alle difficoltà. Se pensiamo alla scuola, molto spesso l’attenzione al voto fa sì che gli alunni vivano lo studio con obiettivi di prestazione, ad esempio che studino principalmente per dimostrare le proprie conoscenze e ottenere riconoscimenti come buoni voti; in questo caso, il rischio è quello di vivere l’insuccesso come indice della mancanza di capacità e di inadeguatezza personale. Gli studenti con obiettivi di padronanza invece studiano per apprendere ed imparare, indipendentemente dal riconoscimento esterno di questo impegno, vivendo così le situazioni di apprendimento con un atteggiamento costruttivo di sfida e di curiosità.
  • Stimolare uno stile di attribuzione interno. Attribuire le proprie vittorie ma anche i propri fallimenti a fattori interni e controllabili come l’impegno e le proprie capacità è fondamentale perché stimola la motivazione e l’atteggiamento costruttivo nei confronti delle sfide e dell’apprendimento. Come dicevamo sopra, è fondamentale incoraggiare i nostri studenti e i nostri figli a riflettere su come il loro impegno e le loro scelte hanno influenzato il processo di apprendimento e il risultato, aiutandoli in modo propositivo a trovare strategie per migliorare la prossima volta; al contrario, spostare la responsabilità all’esterno contribuisce a sentirsi impotenti di fronte ad eventuali insuccessi e a viverli come un torto o una minaccia per la propria autostima.
  • Cambiare la narrativa. Le parole che utilizziamo e i racconti che facciamo sono importanti e molto spesso alimentano la cultura del successo e della perfezione; infatti è dalle parole che costruiamo i significati che leggiamo nella realtà che ci circonda e piccoli cambiamenti nel nostro modo di comunicare possono innescare una valanga di tanti altri cambiamenti, più importanti e significativi.
    Vediamo degli esempi. Spesso il successo viene raccontato focalizzandosi soltanto sul risultato finale, ma questo è solo il punto di arrivo di un percorso fatto di tentativi, errori e sconfitte, anche se nella narrazione c’è poco spazio per questi ultimi. Per questo motivo, storie e racconti più realistici possono promuovere una visione più sana e costruttiva dell’autorealizzazione. Oltre alle narrazioni, possiamo provare a riadattare le parole che utilizziamo nella quotidianità: invece di “fallimento” potremmo utilizzare “esperienza”, “opportunità di crescita”, “ostacolo”; al posto di “perdente” potremmo utilizzare “persona che affronta le sfide, che sta imparando”. L’idea è quella di utilizzare un linguaggio che sia più positivo, costruttivo e che sia un trampolino di lancio per la crescita e l’apprendimento.

Abbracciamo l’imperfezione, tifiamo per i bambini e i ragazzi nei momenti difficili e insegniamo loro che sbagliare è un’opportunità preziosa per imparare e diventare persone migliori.

 

 

 

A cura di: Nellia Arciuolo – Psicologa, Centro di Apprendimento Anastasis

 

 

 

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